venerdì 18 ottobre 2013

Io tifo ciccia perché mi rilassa.

Da un po' di tempo grazie ai social network mi sto un po' interessando di moda. Prima non mi interessava più di tanto perché nutrivo dei pregiudizi circa gli stilisti, le modelle, lo star system e tutto quello che concerne la moda. Adesso non sono un'appassionata ma la seguo con più interesse da quando ho scoperto le modelle curvy. Sono davvero belle, prima non riuscivo a guardare Kate Moss che subito l'avrei presa a martellate, non perché mi stia antipatica, non ho idea se sia una persona umile o meno, ma non sopportavo il fatto che fosse famosa per essere un grissino, perché questo è lei sostanzialmente. Una brutta icona, non rappresenta quello che sono praticamente il 90% delle donne nel mondo, le donne magre/anoressiche sono un po' come l'1% di Wall Street, dominano il mondo contro il 99% di persone che tirano a campare lavorando.
Ecco io le vedo così le modelle magre, e mi dispiace che siano ancora oggi, nonostante i cambiamenti, le icone della moda. Non dico che le donne magre siano brutte o devono cominciare ad essere viste come il male della società, ma dobbiamo smetterla di dire che sono più belle di quelle grasse. Grasso non è una brutta parola. A me l'hanno detto a casa tutti: mamma, papà, zia anche nonna, sì mia nonna non si preoccupava di quanto mangiavo al contrario del pensiero dilagante. 
Sono alta 1,60 e la cosa non mi dispiace, non voglio essere più alta, a me sta bene così, non mi dispiace portare il 39 di piedi né tanto meno la taglia 46. E' brutta? E' bella? Per me non è importante.
Se ho voglia di mangiare un dolce non penso quante calorie abbia, perché al piacere non c'è prezzo e nemmeno kilocalorie.
Certamente stare attenti al peso è importante, ma ogni tanto eccedere non fa male, né al peso, né alla mente.
Io tifo ciccia perché mi rilassa, lo penso anche degli uomini, un uomo che sta tutto il giorno in palestra a farsi i muscoli per me è un povero sfigato, mi metterebbe solo a disagio perché l'unico pensiero fisso sarebbe quello di rimpinzarlo di cibo. Il mondo sarebbe un posto migliore se guardassimo all'estetica con più etica.
Adesso basta con le ciance-filosofiche. Passiamo alle modelle che nel web m'hanno fatto impazzire:


                                  BIANCA BOMBSHELL


TANESHA AWASTHI


VIKTORIA MANAS




mercoledì 9 ottobre 2013

La questione spinosa delle carceri

Ritorno a parlare di roba seria, dopo le dichiarazioni di oggi di Napolitano, mi sembrava quasi un obbligo commentare. Sono sempre stata sensibile verso i diritti umani. Del resto penso che non avrei mai intrapreso gli studi di Scienze Politiche se non lo fossi stata. Però oggi mi sono leggermente incazzata, perché il Presidente della Repubblica dopo otto anni ha deciso di parlare di carceri guarda caso nella settimana in cui si discuteva della decadenza al Senato di Berlusconi. Sono un po' complottista sì, ma non grillina, sia chiaro. 
Napolitano s'accorge solo ora del sovraffollamento delle carceri, della sentenza della Corte Europea circa il nostro stato delle carceri, prima sembrava che non gli interessasse la cosa, e adesso cosa chiede? L'amnistia e l'indulto. Credo che tutti sappiamo i risultati dell'indulto, del resto l'ultima legge sull'indulto è datata 2006, non tanto tempo fa, e il sovraffollamento delle carceri continua ad esserci. Va bene che ci sia una depenalizzazione di certi reati, come quelli che hanno a che vedere con l'uso di stupefacenti, considerando che chi ne fa uso non fa danno a nessuno, se non a se stesso, e l'unico posto adatto per un tossicodipendente è una comunità di recupero e non un carcere, però la ministra Severino l'anno scorso ha provato a depenalizzare determinati reati con la riforma della giustizia dell'anno scorso, certo si può fare ancora molto, ma la strada dell'amnistia e dell'indulto non mi sembra quella più corretta. 
La questione spinosa delle carceri ha molto a che fare, a mio parere, con gli edifici, gli stabili in cui i detenuti scontano le loro pene. In Italia le carceri hanno funzioni diverse rispetto alle carceri di tutti i Paesi europei. Sono delle vere e proprie palestre per criminali, spesso gli ex detenuti ritornano in carcere, perché uscendo dal carcere riprendono la loro vita criminale, non sembrano veramente pentiti di quello che hanno fatto, perché non sono stati in un posto salubre tale da ricordagli costantemente del reato commesso, ma in un posto che gli ricorda continuamente quello che è, un criminale. Sia chiaro, lo Stato in questo ha una colpa grande, molto grande e con Stato intendo anche noi, perché per una buona parte di italiani i detenuti devono rimanere degli emarginati, come del resto gli immigrati, per gli italiani fanno parte di una categoria a sé.
Non importa a nessuno dei detenuti, della loro vita, eppure dei loro diritti è importante parlarne e discuterne. Se iniziassimo tutti a parlare dei detenuti come esseri umani forse riusciremo a vedere la possibilità di una vita senza criminalità, certo è quasi un'utopia, ma in alcuni Stati è quasi una realtà.
Parlo degli stati scandinavi in cui il carcere non è luogo di emarginazione, ma di rieducazione. Eppure la nostra Costituzione parla chiaro, all'articolo 27: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".
E' strano che nel nostro Paese, che ha una Costituzione veramente bellissima, degna di un Paese civile, abbia poi queste carceri al limite della decenza umana. 
Insomma per farla breve, bisogna risolvere la questione delle carceri partendo dagli edifici, dagli stabili in cui scontano le pene, senza però dimenticare l'abnorme uso della detenzione preventiva e il ritardo della giustizia nel far avere dei processi ai detenuti.
Non bisogna dimenticare poi i quasi duemila morti in dieci anni nelle carceri italiane e parliamo solo di detenuti, perché ci sarebbe poi un altro numero quelli degli agenti di polizia penitenziaria che si suicidano, sono una centinaia.
Voltaire diceva: "Non fatemi vedere i vostri palazzi, ma le vostre carceri perché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione".